Il “pezzo” pregiato

(Ricerca di Pasquale palladino – La Voce di Arzano Aprile 2024) Napoli esporta stracci per un fatturato annuo di trenta miliardi di lire. L’industria nazionale, che per l’ottanta per cento punta sulla rigenerazione dell’usato, attende dai napoletani la materia prima. Ogni giorno partono dai centri dell’hinterland napoletano, Secondigliano e Arzano soprattutto, venti autotreni di tessuti di lana con destinazione Prato mentre una dozzina di carri ferroviari trasportano pezzame di cotone per la Fiat, l’Alfa Sud, l’Aeritalia, i Cantieri navali, e le industrie metalmeccaniche che se ne servono per la pulizia dei macchinari. Anche Resina, in seguito allo spostamento in Africa del Nord della classificazione degli stracci dalle Americhe (un operaio africano lavora a nero per sessantamila lire al mese), ha dovuto rifornirsi da un esiguo gruppo di piccoli industriali napoletani che figurano nelle pagine della Sip alla voce ‘Pezzame per industria’. Attraverso regolari aste presso i Comitati della CRI e i Centri della Caritas, questi industriali importano ogni mese cinquemila quintali di indumenti usati, dando lavoro a mille famiglie che trascorrono interminabili giornate in mezzo a montagne di stracci. Merce comprata a scatola chiusa da ogni parte d’Italia e da quattro Paesi europei (Germania Occidentale, Austria, Svizzera, e Francia). Le quotazioni si fanno in base al tenore di vita della città o della regione da cui proviene la merce: gli stracci della gente del Sud valgono poco, non più di duecento lire al chilogrammo, mentre a man mano che si sale verso il cuore del vecchio Continente, si raggiunge la punta massima delle cinquecento lire al chilo, con possibilità di trovare in una montagna di indumenti, soprattutto se smessi da familiari di dipendenti della NATO, il ‘pezzo’ pregiato, una pelliccia ancora in buone condizioni.
Elio Tramontano
Sapunaro, Roba Nuova
Il Mattino Illustrato
2 febbraio 1980