Attualità

Il mozzonaro

  • Giugno 2, 2025
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Il mozzonaro

La Lettura , Rivista mensile del Corriere della Sera

Anno 1927, Volume XXVII, pagina 870

(ricerca a cura di Pasquale Palladino) Scomparso, si capisce, il monnezzaro che veniva con l’alba, dalla vicina Arzano , cuofeno e zappiello, a girar case e strade raccogliendo la spazzatura. Allora le immondizie eran di tutti e ognuno poteva portarsele a casa o al paese senza darne conto a chicchessia. Il comunello di Arzano si era concesso questo privilegio, onde intere famiglie se ne dipartivano a far le case e le strade di Napoli relativamente pulite. La matita di Filippo Palizzi non disdegnò fissare i tratti di quella benemerita persona che era il monnezzaro arbitro della nettezza delle case che a lui si affidavano o alla sua consorte, più tipica del marito, certamente, nella familiarità con le lordure che in lei si integravano. Nella piazza del Mercato si faceva poi la cernita , affidata alla sagacia dei figliuoli. La strada era prodiga di inattese ricchezze. Per questo, calata la notte, uomini strani, sbucati da chi sa quale antro in cui di giorno dormivano, la percorrevano su e giù, una lanterna sospesa ad un fil di ferro incessantemente agitata a fior di terra, un cesto all’altro braccio per raccogliervi quanto si trovava. Li chiamavano i mozzonari perché raccattavano principalmente mozziconi di sigari che rivendevano a gente più povera, per caricar la pipa di canna e argilla; ma tutto la loro lanterna scopriva e tutto aveva un valore: un tacco di una vecchia scarpa, uno straccio, un ferro di cavallo, un cappello sfondato, una moneta… In quella lanterna fumigante, che rischiarava a raggi di croce greca il suolo della città, era riposta ogni loro speranza, e col fumoso lucignolo ardeva persino un vago, indefinibile sogno di ricchezza: un portafogli, un gioiello…

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