
(di Giovanni Bevilacqua) Perché un luogo muore? Perché un luogo diventa deserto dopo che è stato il centro del paese, dove ancora insistono il vecchio Municipio, dove ancora esiste la prima e più importante parrocchia del paese?
Cambia il mondo, cambiano gli uomini, cambiano le cose intorno agli uomini che usano quel mondo.
Quando un luogo muore, un pezzo dell’anima, dove esso è contenuto, è persa. Quelli che vengono dopo non avendolo vissuto, non avendo ascoltato il racconto della sua esistenza da coloro che lo camminavano, lo respiravano, non sapranno mai la misura della perdita. Una perdita è tale quando la cosa persa è stata mia, l’ho avuta e l’ho vissuta. I giovani che non hanno avuto “una piazza” di riferimento, non hanno avuto un altro modo di vivere hanno perso ciò che non si può neanche più spiegare loro. Quando si perde il più antico luogo di un paese (come la nostra P.zza Cimmino) si perde l’identità oltre alla identificazione di ognuno che abita il paese.
Ho scritto in altra occasione che noi siamo le case che abitiamo. Aggiungiamo pure che esse, le case, ci abitano, ci significano, ci rendono ciò che siamo. Chi non ha casa non ha nemmeno un indirizzo di riferimento, un numero dove andarlo a cercare.
“Ci vediamo in piazza”, non è un adagio dei vecchi. Era il senso di vivere e il desiderio di riempire un luogo fatto apposta largo (e vuoto), perché fosse riempito dalle anime che vi abitavano intorno. Un po’ come sedersi intorno ad un grande tavolo, per mangiare ma soprattutto per discutere.